Il pescatore



Il sole stava elencando lentamente verso il mare. Una pennellata di colori si stagliava all’orizzonte. Il pescatore era sulla riva. Con un movimento fluido aveva lanciato la lenza ed ora attendeva.

Attendeva pazientemente l’attimo in cui il pesce avrebbe mangiato l’esca e fosse rimasto imprigionato all’amo. 

Nella quiete cadenzata dalla risacca, il pescatore volgeva il suo sguardo in quella linea sottile dove il cielo sembra lambire il mare. Era in quello spazio che i pensieri si condensavano fino ad assottigliarsi per andare verso le nuvole e proiettare le loro radici in cielo. 

La scia del tramonto si era diluita nel mare, la notte con movimento sinuoso di stelle iniziava a carezzare ogni cosa rendendo i confini sempre più eterei. 

Non accadeva spesso che a quell’ora e in quel piccolo angolo di costa ci fossero persone nuove. Quella sera invece il pescatore non poté fare a meno di scorgere poco distante un ragazzo, era solo e aveva le mani sul viso.

Dopo un lungo pensare il pescatore tra il curioso e il compassionevole decise di avvicinarsi.  

Una scusa banale, vuoi un po’ d’acqua, chiese. Il ragazzo non alzò lo sguardo e rispose semplicemente “no, grazie”.

Il pescatore era tentato di andar via poi d’istinto chiese ancora: Perché te ne stai qui solo?...

Ci fu silenzio. Il pescatore non seppe dire realmente quanto durò quel silenzio ma gli sembrò interminabile. L’istinto gli disse di aspettare, di aver pazienza, la stessa che si ha con il pesce che sta per abboccare all’amo.

L’attesa fu premiata e, il ragazzo alzando lo sguardo sussurrò qualcosa. La voce era sommessa e il sale del pianto era un velo sottile sulle guance. Il ragazzo si sentiva il cuore gonfio di lacrime, pronto ad annegare nel suo stesso pianto. Era rimasto solo, deluso dall’amore.

Allora il pescatore dopo una lunga pausa sussurrò… sai … pian piano il cuore ricuce gli strappi, asciuga le lacrime. Al tramonto vengo qui e lascio alle onde le mie malinconie. Ho cercato nel mare la ninna nanna che potesse cullare il mio lutto. 

…pausa… Il pescatore tornò a guardare le onde. Ho perso mia moglie … un lungo sospiro poi schiarendosi la voce sussurrò: è morta … Ho ripreso a pescare…

Il ragazzo aveva ascoltato in silenzio… poi ancora singhiozzando chiese… come si sopravvive all’amore?

Il pescatore, abbassò lo sguardo… ci fu una lunga pausa poi a voce bassa disse: “L’Amore è quel moto che ti conduce all’altro, senza se, senza ma… L’Amore è come l’onda che ripiegandosi su sé stessa dimostra di amarsi ma al contempo si dona al mare, amandolo con tutta sé stessa. 

Guardo il mare, il meraviglioso cielo stellato, contemplo tutto questo… e provo a prendermi cura di me perché credo che l’Artefice di tutto questo faccia il tifo perché la parte migliore di me vinca, non si arrenda alle difficoltà della Vita e impari a portare la propria Croce.

Dietro la bellezza della natura ci deve essere un dio la cui bellezza è ancor più grande, non credi?

Ascoltare la voce del mare quando sono qui a riva e aspetto che il pesce abbocchi all’amo, mi ha insegnato che esiste un amore più grande, che un po’ come il mare accoglie ogni cosa… Io credo che Dio sia un po’ come il mare e, come il mare accoglie, abbraccia, scuote.

Lungo sospiro… Il pescatore tornò a guardare il mare.

A volte un credo affonda le sue radici nella paura… il mio Credo vorrei affondasse le radici nell’Amore…

Tempo fa avevo paura del silenzio… era così assordante! Nella sua quiete metteva a nudo il mio intimo e ne avevo paura. Ora non ho più paura della mia intimità… mi siedo qui al tramonto e ascolto… il mare… e la voce del mare mi svela l’intimo che celo.

Prego per onorare la Vita che mi è stata donata e per imparare ad amare sempre e comunque.

Non è facile, ma come Dio tifo per la parte migliore di me…  


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