L'Orafo


Compatto, informe, il metallo passò dalle dita al crogiolo di terracotta. Qualche istante e fu liquido denso. L’orafo seguiva con lo sguardo la fusione del metallo e negli occhi il suo gioiello prendeva forma.
Lo sguardo seguiva la mano che, con pazienza e precisione, tracciava linee sottili col bulino. Il martello batteva su quel piccolo pezzo di materia informe, il traforo creava solchi. Come nella scultura, vuoti e pieni si susseguivano imprimendo alla materia il suo movimento.
Poi arrivava il fuoco e col cannello a bocca il vecchio orafo saldava il suo gioiello. C’era un istante, una frazione di secondo in cui su quel velo di ossidi inorganici compariva un lampo, era lì, in quel riflesso chiaro che avveniva il legame metallico. Era luce nel punto di sutura.

Il pensiero andò alla cicatrice che portava sul torace. Punto di sutura che divideva il suo interno dall’esterno. Per un istante pensò di incidere quel lembo lasciando uscire la sua anima e purificarla al fuoco.

Soffiò ancora nel cannello, la fiamma lambì il metallo. Nel lampo di quella fusione cercò la guarigione, l’evoluzione di sé stesso. Divenne materia grezza. Provò a lasciare al fuoco tutte le sue resistenze, i suoi rancori, le incomprensioni, le illusioni, le delusioni.

Divennero ossidi animici.

L’orafo aveva perdonato, accettato, accolto. Quel lampo di luce fu come un segno di Benedizione. Ringraziò Dio per quella Vita vissuta.

Un sapore amaro sulla lingua gli ricordò che sul Cuore restavano quegli ossidi animici… veli che adombravano la luce di quel cuore gentile. L’ossigeno esalò di nuovo dai polmoni. Un nuovo soffio, una nuova scintilla. Come in una reazione di ossido riduzione l’orafo attese la riduzione di quegli ossidi, pregando per la conversione di quelle ferite in luce.

Corrucciò la fronte, provò a soffiare più forte ma quel velo di ossidi restava lì.

Non si arrese, nutrì la sua speranza, portò gli occhi nel cuore, soffiò ancora nel cannello e fu lampo, fu nuovo punto di sutura.

Soffio dopo soffio provò ad affinare il suo spirito al fuoco. Scoprì nuovi rancori, nuove delusioni.

Con fede chiese la forza di soffiare ancora.

Inspirò profondamente, aveva un’unica scelta: vivere quella Vita con gratitudine.

In quel respiro il Cuore sospirò, la fronte divenne mare piatto, nessuna ruga a increspare i suoi pensieri.

Ogni cosa intorno a lui mutava, aveva un’unica scelta: vivere, attendere il giusto tempo.

Sorrise, a labbra schiuse soffiò nel cannello, fu nuovamente lampo.

Lo stupore per la Vita accompagnò quel soffio e la Gioia, custodita nel Cuore, ridusse gli ossidi animici. Con tocco delicato accarezzò il gioiello.

Era quasi pronto, non restava che satinarlo perché la luce incidente, penetrasse nell’intimo del metallo e potesse poi diffondere dolcemente.

Con una lente nuova tornò a guardare al suo Cuore e si chiese se fosse capace di diffondere dolcemente la Luce che custodiva nel suo profondo.

Aveva perdonato, accettato, accolto ma restava la profonda difficoltà di diffondere la Gioia di quella Luce in ogni suo gesto, in ogni suo pensiero, in ogni sua parola, in ogni suo silenzio.

Quella Gioia, luce riflessa del Dio che aveva nel Cuore.

 

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