La Sedia


Pronunciò il suo nome a voce bassa. Di fronte a lui la sedia vuota. Riprovava da sé a ritrovare il suo Sé. Immobile si immaginò dondolare fra i suoi stati dell’Io.

La voce sommessa, un debole filo di vento. La testa china, gli occhi fissi sul pavimento. La prima proiezione di sé: un elenco di debolezze, di sbagli, una richiesta di aiuto.  

Privo di affanni, compassionevole, saggio come sanno esser i sopravvissuti. La voce dolce e profonda di un tempo privo di ferite. L’orecchio volto al profondo, gli occhi limpidi velati di verdi speranze, l’uomo più profondo della matrioska dei suoi Io.

Un respiro profondo, coraggio e volontà di unire mente e cuore, l’incarnazione perfetta del suo io.

La sedia vuota si popolava, si arricchiva e si vuotava delle proiezioni del suo io.

D’improvviso un’ombra fece capolino dall’angolo della stanza, lui volse lo sguardo e scorse la sua immagine riflessa nel piccolo specchio appeso al muro della stanza bianca.

Aveva gli occhi tristi. Lui sottovoce ripeté chi sei? Poi a voce più forte ripeté ancora, chi sono?

Riflesso nello specchio vide le vesti dell’io spoglio dell’io. Vestiva le vesti di qualcun altro, le vesti di chi gli era mancato, a cui voleva somigliare.  

Ora la sua testa impastava pensieri. Arrivavano col respiro, più questo era profondo più quelli affondavano le loro proiezioni giù nell’anima.

Tentò di congedare quell’immagine riflessa nello specchio e quella si ritrasse come fosse una sirena che si lascia andare tra le onde del mare. La marea dei suoi pensieri lo accompagnava e il canto di quella sirena era suono d’arpa soave e ammaliante.

Volse nuovamente lo sguardo verso la sedia vuota. Sulle labbra le parole sembrava si impastassero. Sulla lingua il sapore del sangue rappreso. Gli stati dell’Io si erano sovrapposti l’uno all’altro, sublimati nell’alleanza con la matrioska più profonda…orfana di madri e padri.

La sedia vuota si dissolveva nello sfondo mentre lo sguardo di una donna si posò su di lui. Il ventre pronunciato, il volto nascosto da un velo color porpora. Conosci il senso profondo della tua Vita, chiese.

Poi si allontanò e con alito di vento lasciò che il velo gli coprisse il viso. A lui mancò il respiro.

Aveva già provato quella sensazione, forse in un’altra vita, chissà. Il cuore palpitava, aveva sete d’aria in quello spazio buio e angusto, nello spazio di un feretro. 

Con la morte in gola cercò il senso della Vita.


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