Ammore


Di ritorno tra le curve e il verde mille visioni gli rapirono gli occhi. Chissà se mai un giorno avrebbe dato un senso a tutte quelle immagini. Il vento gli carezzava il volto e una musica accompagnava il viaggio delle lacrime dagli occhi alle labbra.

Di ritorno tra le colline e i boschi colse il fiore del Tempo. Sentì di potersi sfamare col Cibo che perdona ogni respiro interrotto. Colse nel nome del figlio un’antica profezia. Non solo nella pura gioia ma anche nel dolore più profondo quella verità era da non dimenticare.  

Venne il tempo di far nascere sorgenti nei vuoti lasciati dal pianto. Il corpo si inarcò come trafitto da una freccia. La parola Amore risuonò nella lingua della sua Terra.

Ammore, l’amore che si rafforza nel proprio centro. In napoletano riempie la bocca. L’Ammore che nel centro della dualità vede sbocciar un seme di Luce. L’amore che unisce e crea alleanze.

Sulla lingua la parola Ammore è viaggio, è contrasto nella voce che raddoppia e leggerezza sulle labbra che si schiudono a svelar un bacio.

La parola Ammore divisa al centro si fa inchino, si offre a servir la Luce.  

La parola Ammore nel silenzio non fa rummore, cade nel Cuore e crea spazio.

Di ritorno tra le curve e il verde vide nel vetro il riflesso dei suoi occhi. Mise a fuoco.

Nell’orizzonte che accoglieva la luce ricordò di quando il corpo e il sangue giunsero sulla lingua e il Cuore volò sulle labbra. Allora teso l’arco tra il cielo e il mare, scoccò la sua freccia e l’anima, sazia della sua debolezza, messe le ali prese il volo. 


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