Terra mia
Le mani, un tempo strette sincere sono divenute spine pungenti.
La terrazza imbiancata a calce, teatro di giochi di bambini fra lenzuola
colorate, è deserta. Distesa di silenzi e di ombre racchiuse in corpi stanchi
di esser vivi.
“Terra mia, terra mia
Comm'è triste, comm'è amaro…
Assettarse pe guardà' tutt'e ccose
Tutt'è parole ca niente pònno fa' “
Le braccia, un tempo abbracci sono divenute radici denutrite, vuote
d’acqua.
La tavola, un tempo imbandita è spoglia. Orfana di ricami di chi tesse. Nella
stagione della vendemmia non vede il frutto. Nell’angolo destro resta il grumo
rosso dell’elisir bevuto in un passato ormai lontano.
Nel Cuore ereditiamo storie di sangue, nelle orecchie l’eco di grida e di
pianti dei mai nati. Sulla schiena nascondiamo i segni delle percosse, di
fibbie di cintole. Nel ventre custodiamo le lacrime mai piante, nei silenzi
quelle raccolte negli occhi.
Figli e figlie di figli e figlie, padri e madri di padri e madri. Avi.
“Terra Mia”, prigioniera di foto stipate in scatole di latta, t’accarezzo con le dita e il tempo si gela nelle rughe accanto agli occhi.
"Terra mia, terra mia
comm'è bello a la guardà …”
Avi, vi conto nelle vertebre che percorrono la mia schiena. Nei grani che
accompagnano la preghiera.
Nella storia si cerca una mano tesa capace di tessere distanze.
Bastassero ago e filo a unir confini lontani.
“Nun è overo nun è sempe 'o stesso
Tutt'e juornë po' cagnà'
Ogge è deritto, dimane è stuorto
E chesta vita se ne và… “
“Terra mia, terra mia
comm'è bello a la guardà …”

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