Trinità
Le donne d’altri tempi dopo la morte dei loro cari usavano vestirsi di
nero. Il lutto diveniva un colore, colore nero dapprima sul Cuore poi
sulle vesti. Lui dopo quella morte che l’aveva colto d’improvviso aveva deciso
di vestirsi di bianco. Il bianco che acceca, il bianco che disorienta, il
bianco che accoglie il colore. Il bianco della cecità, il bianco del ghiaccio,
forma cristallizzata nella durezza di chi si astiene dalla scelta. Il bianco
del suo Cuore, cristallizzato nel dolore e nell’assenza di chi credeva l’avesse
lasciato troppo presto.
E
mentre faceva ritorno a casa tenendo tra le mani i resti di chi aveva amato
un’intera vita, gli ritornarono alla mente i versi della Genesi: “Con il sudore
del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei
stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai”.
La
Morte aveva vinto sul corpo ma si era ritrovata tra le mani un pugno di
polvere, l’anima invece era ritornata allo Spirito, farina per nuovo pane.
Il
pane della Terra, il regno dell’Impermanenza.
Si
domandò se prima o poi e quando avrebbe davvero compreso il fine ultimo della
sua esistenza. Quella domanda restò in balia dei suoi pensieri sospinta da un
respiro veloce come vento.
Ebbe voglia di confessarsi. Segnò il corpo con il segno della Croce e respirò a
fondo per permettere ai suoi peccati di venire a galla. Cercò di tenerli a
mente prima che il suo Ego potesse trovargli l’oblio della dimenticanza, della
giustificazione.
Quando si sentì pronto entrò in chiesa. Aspettò un cenno del frate e quando poi
gli fu di fronte si inginocchiò.
Si segnò ancora con il segno della Croce, elencò i suoi peccati. Il frate gli
chiese da quanto tempo non si confessasse e se aveva figli. Era tanto o poco
tempo che non si confessava, non lo ricordava… poi ricordò. Erano trascorsi 4
mesi, si era confessato il giorno del suo anniversario, perché l’aveva
dimenticato? Aveva un figlio. Preghi, gli chiese ancora il vecchio frate, lui
rispose sì. Mediterai su un passo del Vangelo gli disse, questa la penitenza.
Mediterai, era un verbo inusuale pensò, nessuno fino ad allora gli aveva
chiesto una penitenza così. L’idea gli piaceva.
Ora il suo Cuore era in quiete.
Tornò in chiesa, la messa era iniziata e decise di restare. Il celebrante era
un frate sulla sessantina. Il ventre era pronunciato, gli occhiali erano grandi
e scuri. Parlava in fretta, muoveva le mani per rafforzare ciò che le labbra
pronunciavano. Correva con le parole come fosse in dovere di rispettare una
tabella di marcia. Anziché spazientirsi per quel fare secondo lui poco
rispettoso, sorrise e ne ebbe compassione.
Del Vangelo di quel giorno lo colpì una frase su tutte: “abbiate coraggio: Io ho vinto il mondo!”
Si comunicò… accolse sulla lingua il Verbo che si faceva carne. E mentre quel
mistero di Vita si scioglieva sulla lingua guardò alla Croce che gli era
dinanzi.
Il
mistero della Trinità… guardò alla morte come dono di Vita, pensò alle ceneri
che aveva sepolto, farina di nuovo pane, di nuova Vita, di Vita in Vita.
E
mentre l’immagine di quella Croce dinanzi a lui si sfocava si concentrò su chi
era rimasto ai piedi di quella Croce.
Una trinità.
La
Madre, il Discepolo, la Sposa. L’Umiltà, la Fedeltà, l’Amore.
Meditò, respirando a fondo.
La
trinità terrena vinceva il mondo…
ai piedi della Croce ascendeva alla Croce.

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