Nel Nome del Padre
Guarda, guarda la guerra disse.
Io provai a voltarmi perché a vedere quei corpi di bimbi privi di vita mi si stringeva lo stomaco e il pianto m’inondava il viso.
Guarda la morte che bianca si riversa e accarezza la pelle. Guarda la morte che vuota i polmoni d’aria e gli occhi di luce.
Guarda la morte che lascia nel Cuore di chi resta il sangue raggrumato di chi è andato via, cristallizzando nell’ultimo abbraccio l’immobilità dell’abbandono.
Io guardai e il Cuore divenne eco di preghiera.
Ora tutto è lontano. Il mare è specchio della notte… profondo e nero.
La lampara illumina.
La luce, riflesso e dono di stelle, è perla in superficie.
Tutto ciò che ho imparato lo devo ai miei occhi. Loro hanno visto, in guerra e in pace. Hanno osservato. Ciò che vedevano lo ripetevano alle mani e loro eseguivano.
Di giorno a intrecciare corde, a cucire reti.
Di notte a navigare in mare aperto.
Ciò che resta imbrigliato nelle reti è un respiro strozzato. Il pesce si dimena, poi s’arrende e il respiro resta intrappolato nel vuoto confinato.
Così in mare, così in guerra.
Alzo gli occhi, vedo il cielo imbrigliato nelle reti.
Retto e sorretto.
In mare le mie reti sono aratro, solcano le onde.
Una volta un vecchio mi disse… “Separa ciò che è fuori, unisci ciò che è dentro”…
Gridai. Tirai fuori la voce e quella vibrò.
Nel Nome del Padre.
Gli occhi si bagnarono di una lacrime sottile e l’acqua permise all’occhio di guardare al di là.
Lì dove il vuoto è pieno e l’esterno è interno.
Nel Nome del Figlio.
S’ingravida il Cuore. Si fa grembo. Mi accolgo, accolgo. Amo.
Nel Nome dello Spirito Santo
Il Destino accoglie le sue Croci.
Sono Libero.
Il respiro è soffio di meraviglia. Unisce lembi.
A immagine e somiglianza, accolgo e sostengo stelle e nel vuoto delle reti accarezzo la mia fragilità.

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