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Ore 3.10: un forte colpo di tosse e si svegliò. Forse stava sognando ma quando aprì gli occhi non ricordò nulla. Provò a riaddormentarsi ma non ci riuscì. Tossì ancora, ripetutamente. Decise di alzarsi e passeggiare un po’. Abitava poco distante dalla spiaggia e così indossati un paio di jeans corse a lasciare le sue orme sulla sabbia. 
Era notte fonda e il cielo quello di un'estate calda non mostrava alcuna nuvola. 
Di giorno il cielo si era colorato di un azzurro tenue che ora pareva aver inghiottito ogni colore, sembrava aver eretto sopra ogni cosa un tetto nero. Talvolta da quel nero spesso e fondo filtrava la luce di una stella e allora il tetto sembrava mostrare le sue crepe.
Ore 3.30: La tosse sembrava esser andata via in compenso sentiva il suo respiro ancora pesante, pensò fosse colpa di un brutto sogno dimenticato e continuò a camminare. Dapprima i passi furono distratti, i pensieri continuavano ad addensarsi fra le rughe del cervello. Pensieri su pensieri, frequenze su frequenze. 
Il battito delle onde poi pian piano lo contagiò e il respiro si fece più profondo. I passi divennero consapevoli e silenziosi e il pensiero si focalizzò. 
Pensò alla favola dell’uccellino che si posa sul ramo senza aver paura di cadere perché fiducioso delle sue ali. E ora lui era lì sospeso sul ramo della Vita e si chiedeva ...di cosa erano fatte le sua ali. Talvolta aveva l’impressione di esser troppo pesante su quel ramo e poi se le sue ali fossero state di cera? Al primo sole si sarebbero sciolte. Si sforzò di ricordare il giorno in cui lasciò il suo nido. Forse qualcuno lo spinse troppo velocemente giù, forse qualcuno dimenticò di dirgli quanto sarebbe stato bravo a spiccare il volo o forse fu lui a dimenticare di scrutare a fondo le sue ali prima di lasciare il nido. Fu quel che fu.
Le favole raccontano di segreti, di doni dimenticati, di parti di sé. 
Ore 4.13: Fu quel che fu. Spesso non si conosce l’ancestrale legame che ci unisce a “qualcuno”, eppure sentiamo un desiderio profondo di esser riconosciuti. Si desidera che quel “qualcuno” provi a soffiar via dalle ali l’essudato di antiche ferite. Fu quel che fu. È quel che è. 
“Quando vi spoglierete senza vergognarvi, e metterete i vostri abiti sotto i piedi come bambini e li distruggerete, allora vedrete il figlio di colui che vive e non avrete timore”… A volte bisogna sbattere le ali forte e ripetutamente perché prendano vigore. Andrebbero accordate col respiro del Cuore pensò. E se fosse il suono del suo Cuore da accordare? Fu così che in quella notte provò a far ancora più silenzio. Trovò silenzio nel silenzio e allora quella era la musica che risuonava in lui? 
Pensò al Cuore dei bambini. Batte forte, come un tamburo. Il ritmo del suo Cuore era lento e monocorde pensò. 
Socchiuse gli occhi e sussurrando disse: Anima mia accordami il Cuore.
Ore 5.33: Il mio corpo è vento, è sole, è solo. La mia mente è acqua, impalpabile, riempi i vuoti, gli spazi, i silenzi che evoca questo spazio. Sono Anima finitamente infinita nel dilagare dell’alba che elenca di là delle onde. 
3 profili di sé…1 possibilità di volare ancora…
“…se esprimete quanto avete dentro di voi, quello che avrete vi salverà. Se non lo avete dentro di voi, quello che non avete vi perderà.”...

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