Abbandoni






Era l’ora del Tramonto e l’Uomo dapprima disegnò un cerchio sulla sabbia, una linea decisa e ben marcata, poi ne divise l’area con un’altra linea meno decisa e più sottile. Seguì quelle linee più e più volte marcandole con passo lento e deciso, i palmi delle mani rivolti verso il centro, lo sguardo basso. 
La spiaggia era deserta, regnava solo il canto del mare. L’Uomo cercò di seguire quel canto con il suo respiro, socchiuse gli occhi e continuò a marcare con passo lento la circonferenza. Si immaginò funambolo, sospeso a centinaia di metri, sospeso tra Terra e Cielo. La sua Vita era legata ad un filo e alla consapevolezza di Essere. Fece un respiro profondo e si accorse che parte di quel respiro non aveva voce. Continuò a camminare sul filo del cerchio che aveva tracciato come a cercare l’origine e la fine della sua Essenza. Dov’era finito quel respiro senza voce? La Vita nasce da un respiro e nel respiro si trasforma pensò. Il Canto del mare intanto era entrato nel suo Cuore. E l’Uomo lo sentì battere come batte il tamburo dell’Imperatore. Si immaginò funambolo, sospeso fra la Vita e la Morte. E fu allora che un pianto, che apparteneva ad un altro Cielo, sgorgò dal suo petto. E l’Uomo sentì battere ancora il suo Cuore. Si immaginò funambolo e fece l’unica cosa che un funambolo non deve mai fare…s’inchinò e guardò a terra!…La terra si squarciò sotto di lui. Ebbe paura. Vide il Vuoto. Il suono del tamburo cessò e il Cuore rallentò. Vide il Vuoto come non l’aveva mai visto prima e si sentì solo! …Solo come non si era mai sentito prima. Il ventre si gelò e fu come sentire sulla pelle l’assenza di una carezza. L’assenza del tocco dolce e delicato di chi ti ama e ha premura. Sentì il suo ventre freddo e vide il suo profilo velato di un velo scuro che gli toglieva il sorriso. Le lacrime giunsero dal petto agli occhi. E il respiro senza voce prese a gridare. L’Uomo marcò con passo lento la linea che divideva, come fosse un profilo, il cerchio disegnato sulla sabbia. Era al centro, nel suo centro. Fu allora che sentì i vuoti che erano stati lasciati sul suo corpo, di alcuni riconobbe l’impronta, di altri poté sentire solo il freddo. Persino l’assenza del tocco genera ferite pensò. Le cicatrici si erano raccolte sulle palpebre che socchiudendosi avevano lasciato cadere nel Cuore quel senso di abbandono. Il Cuore aveva custodito quel segreto disceso dagli occhi e loro nel tempo avevano solo chiesto di esser visti, riconosciuti e accolti, pregando silenziosi per un abbraccio per ridar le ali al Cuore. 
L’Uomo con gli occhi socchiusi e il profilo velato di un velo scuro non aveva saputo più veder se stesso con ugual dignità. Cercò negli occhi di chi amava ciò che i suoi non riuscivano più a vedere. D’un tratto quella notte l’Uomo sentì il suono di un violino e prese a danzare attorno a quel cerchio, come fanno gli Indiani d’America attorno al fuoco. E mentre le fiamme divampavano vide volti e corpi e mani che tendevano verso di lui, che tentavano di afferrarlo. Poi il fuoco iniziò a bagnarsi di una pioggia sottile e il ventre freddo raccolse le lacrime. Il freddo si sciolse e divenne torrente. Era al centro del cerchio sacro…e lì vide il Maestro che da sempre di Vita in Vita lo accompagnava…sgranò gli occhi e sorpreso si accorse di esser ombra lì di fianco. Si sentì ombra nuda e fragile. Sentì sul palato quel gusto ferroso di sangue. E fu allora che ebbe voglia di bagnarsi in un mare di latte e lasciar andare nella notte il buio delle sue ombre. Fu allora che lo Yin mosse lo Yang e l’Uomo ebbe il coraggio di soffiare su quell’ombra per darle un corpo. Il respirò non bastò e allora l’Uomo provò a toccarla, ad accarezzare quel profilo d’ombra con tocco leggero e delicato. La cura era riconoscerci padre della sua Anima. Accadde allora che il suo ventre accolse l’eco delle carezze mancate, alcuni vuoti non furono colmati ma l’Uomo si fermò e schiuse lo sguardo a veder la meraviglia di un cielo stellato.


Sai che fra un'ora forse piangerai 
poi la tua mano nasconderà un sorriso: 
gioia e dolore hanno il confine incerto 
nella stagione che illumina il viso.

Fabrizio De Andrè, Ave Maria

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