Neve e Notte



C'era una volta, tanto tempo fa, in un mondo lontano, in un tempo infinito, uno spazio felice, uno spazio d'incanto vestito. Si diceva fosse nato dal sorriso di un vecchio monaco, o forse era nato da una sua lacrima.

Dal lento movimento del suo sognare si diceva avesse preso forma Neve: una bambina dalla pelle bianca, candida, fragile.

Dal lento movimento del ricordo, invece, aveva preso forma Notte: un bambino dai capelli neri e dalla pelle color dell'ebano.

Il parto di Neve e di Notte era stato indolore, lento come il germogliare di un fiore. Neve e Notte erano nati orfani nei pensieri del vecchio monaco, ultimo abate di un monastero che alle prime luci dell'alba sembrava sospeso fra il cielo e la terra, avvolto com'era da quella foschia bianca simile a un velo di seta.

Sul viso etereo e trasognato di Neve erano disegnati due occhi neri come la notte, labbra rosse, color del sangue che sgorga caldo dalle ferite e un sorriso capace di portar lontano, al confine con l'infinito.

Il viso di Notte invece era rigato da una piccola cicatrice sulla guancia. Il fondo dei suoi occhi era bianco come l'avorio e l'iride verde sembrava una piccola gemma incastonata nel marmo bianco.

C'erano giorni in cui Neve prendeva forma evocata dalle note intonate dai tasti bianchi, color dell'avorio, ce n’erano altri in cui Notte si svegliava, evocato da quelle note che crescevano di un tono sui tasti neri, color dell'abisso.

Neve e Notte danzavano sulle note di una musica dolce e lontana, si muovevano come linee sinuose, deformando lo spazio e il tempo senza mai incontrarsi, senza mai sfiorarsi. Neve e Notte, il bianco e il nero che si separano e prendono forma dal pensiero indistinto. Sospinto dalla marea del suo respiro, partiva e tornava al vuoto il vecchio monaco. Dapprima il suo pensiero scintillava in quel silenzio fecondo e poi pian piano diventava più rado, sospinto lontano dal respiro lento e profondo.

Il vecchio monaco cercava di placare i suoi pensieri contando il battito del respiro. I pensieri venivano sospinti lontano, trascinati da quell'onda lenta e profonda. Il tempo per qualche istante quasi si vergognava di accarezzare con gli anni il vecchio monaco e così, timidamente lasciava che i segni del tempo si distendessero in un sorriso dolce e disarmante come quello di un bambino.

Quel sorriso destava Neve dal suo sonno e imprigionava Notte nel suo passato.

Neve era lì con gli occhi al cielo, sospesa a mezz'aria. Notte, prigioniero di una malinconica e trasognata estate, sedeva su di un gradino con lo sguardo perso nel lontano, a tratti chiudeva le palpebre e faceva un respiro profondo come a voler dapprima trattenere e poi ingoiare le immagini del passato che scivolavano lente, come una carezza sulla fronte.

Il vecchio monaco allattava Neve e Notte in ugual misura. Il passato conviveva con il sogno e il vecchio si dondolava nella sua immobilità, cullandosi in quel folle e mutevole equilibrio.
C'erano giorni in cui dondolandosi perdeva ogni contatto con la realtà, restava con gli occhi chiusi a scrutare l'infinito mondo custodito dalle sue membra, ce n'erano altri, in cui il vecchio monaco curvo sul suo bastone come fosse una virgola rovesciata, si perdeva nel tempo assaporando ogni respiro dello spazio, assaporando ogni colore del cielo, ogni colore della terra.

Accadde!

Accadde un giorno!

Al di là delle vette più alte il sole sorgeva, la luce diluiva il nero della notte, lasciandola in silenzio eclissarsi.

Il vecchio monaco inspirò l'aria densa di odori e sentì quei profumi scendere e diluirsi fin nell'anima, chiuse gli occhi e svegliò Neve. La piccola si strofinò le palpebre e si stiracchiò. Vestita di veli disegnò nuovi sogni e danzò, danzò a lungo. Il vecchio monaco prese consapevolezza del suo cuore e lo ringraziò per i battiti che ancora gli regalava ogni giorno, lo ringraziò per tutti i sogni che andavano a diluirsi fin giù nell'anima.

Neve continuò a danzare per ore.

Il vecchio monaco aveva lasciato il suo corpo e il dolore dell'immobilità era un vago ricordo. Un sorriso leggero, di profonda compassione si fece spazio tra le rughe.

Quello stesso giorno il sole discese ancor più lento dal suo trono e le nubi si colorarono d'un rosso vermiglio e di un giallo ocra, le nuvole persero i loro confini e divennero solo una lunga scia come l'impronta di una pennellata. Il sole lasciò stemperare così i suoi colori nel mare fino a divenir parte del suo infinito. Anche il sorriso del vecchio monaco sembrò diluirsi fino a tornare silenzioso. Le labbra, divennero allora solo una sottile linea rossa.
Neve smise di danzare, si accasciò, cadde senza forze dopo l'ennesimo slancio verso il cielo.
Etereo, evanescente prese forma dal ricordo Notte.
Il vecchio monaco riconobbe i suoi occhi verdi. Notte iniziò a parlare sottovoce... sussurrava. Camminava intorno alla sua ombra. Sussurrava e i fantasmi del passato pian piano prendevano forma. Notte si truccò, dipinse le sue labbra di un rosso fuoco e gelò i suoi occhi in un bianco avorio. Urlò e rise... rise! Sembrava posseduto da un'insana follia. Tutto ciò non era mai accaduto, ma accadde!
Il passato si colorò di una malinconia profonda e infinita.
Dalla cicatrice di Notte, iniziò a sgorgare sangue, era rosso, caldo, aveva un sapore amaro. Il vecchio monaco si sentì quasi morire. Lasciò il suo corpo gelarsi ancora nell'immobilità. Una lacrima però gli scivolò via dalle palpebre e cadde silenziosa a bagnar leggera il saio. Il candore e i sogni di Neve si sciolsero in quel sottile velo d'acqua...Il sangue di Notte colò. Bastò una sola piccola goccia perché quel velo perdesse la sua limpidezza, la sua trasparenza.
Notte divorò i sogni, e il passato tinse con i suoi colori malinconici ogni pensiero. Il passato lacerò ogni brandello di vita, ingoiò ogni cosa, lasciando il destino senza respiro. Accadde. Accadde quel giorno!
Il bianco si tinse di nero! Il passato imprigionò il sogno e, la vita, priva di respiro, divenne un cadavere freddo e stanco.

Le risa di Notte riecheggiavano ancora nella mente del povero monaco.

Accadde!

D'improvviso un vento leggero portò con sé un odore di gelsomino, evocando paesaggi incontaminati, cristallizzati nell'infanzia lontana. Il vecchio monaco fece un respiro profondo, le sue viscere vibrarono, il pensiero mutò e, nella marea della consapevolezza, sussurrò la parola Perdono.

Accadde!

Il vecchio monaco dapprima perdonò se stesso, poi, con la stessa compassione, perdonò sua madre e il suo amore perduto e lontano.

Accadde! Fu allora che la voce si gelò sul palato. Notte ingoiò ogni sua parola, passò le mani sul viso una e più volte strofinando forte le sue dita prima sugli occhi poi sulle labbra.

Il trucco non andò via, perse solo i suoi contorni. Il bianco e il rosso si mescolarono. Notte sorrise, corse verso Neve, sfiorò con le dita sporche di colore i suoi capelli e baciò dolcemente il suo viso. Notte abbracciò Neve, avvolgendola come fosse un'onda. Neve si raggomitolò nel grembo di quelle braccia e lasciò che la sua pelle bianca si venasse di nero. Accadde che Neve e Notte persero le loro forme!
Accadde, quel giorno accadde che il colore insanguinò il candore di Neve e il sogno si sporcò della realtà e del passato.
Il monaco si svestì del suo essere al mondo e il suo respiro ebbe luogo.
Accadde!
Accadde quel giorno che la nostalgia di un sogno mai esistito svanì nel grembo di un passato privo di rimpianti e tutto fu Uno.

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