Profumi


Era la bambina più bella del villaggio, fra i suoi capelli scintillava il colore dell'ambra. Le labbra erano rosse, rosse come ciliegie da mordere, dolci e succose. Gli occhi erano di un nero profondo come la notte, come l'inchiostro che macchia e si spande su di un foglio bianco. Sua madre quando la vide per la prima volta, ancora sporca dei suoi umori, disse: “Quanto sei bella” e il dolore del parto si sciolse in un sorriso.

Era la bambina più bella del villaggio. Il sole carezzava la sua pelle bianca e le illuminava gli occhi neri. Scintillavano i suoi occhi. Nessuna immagine vi si imprimeva, nessuna immagine si fermava su quegli occhi neri. Nessuna immagine restava impressa, nessun colore inondava il nero dell'iride. Era la bambina più bella del villaggio ma i suoi occhi neri erano vergini di luce.
Nacque così. Fatalità, malocchio o scienza, ai suoi occhi fu rubato il destino di veder la luce. Non vide mai il suo viso, quantomeno non l'ho vide mai riflesso allo specchio. Si conobbe con il tempo. Da piccola le dita scivolavano piano lungo il corpo, volevano conoscere ogni singola cellula. Da grande le dita, ancora avide, continuarono a sentir cambiare la pelle, meravigliandosi ogni volta del loro sentire. Il buio con il tempo divenne suo compagno di vita.

La notte, perenne, le apparteneva, lei restava solo un'ombra dai contorni indefiniti. Si vedeva così, senza spessore, senza forme definite. Una scia senza colore che si muove in uno spazio denso, privo di luce, privo di colori.
Era una bambina bellissima, sua madre l'adorava. L'avrebbe partorita ogni giorno, ogni giorno avrebbe voluto che il suo grembo le avesse potuto restituire la luce rubata. La luce però continuava a non appartenerle e lei continuava a nuotare in un mare bianco.
La bambina diventò grande allattata dal profumo del gelsomino e del rosmarino. Lavò via la sua malinconia con il profumo d'incenso, asciugò le sue lacrime con il profumo di lavanda. Conobbe il suo primo amore inspirando il profumo del cioccolato amaro. Non vide mai un tramonto ma ne assaporò spesso i profumi. Sentiva l'aria divenire più leggera, sentiva gli odori rarefarsi come inghiottiti dalla notte. Sentiva l'odore della notte. L'odore metallico, amaro del mercurio. Il bianco della sua cecità trovava spazio in quel nero profondo e silenzioso.
Conobbe gli odori per caso. Accadde. Fu un attimo, un istante. Cadde, cadde correndo in quel mare verde, sfiorando l'erba alta con le dita. Voleva piangere ma non lo fece. Il suo respiro quasi si fermò, poi riprese, fu lui a correre per poi fermarsi e rallentare. L'affanno si diluì nella saliva dolciastra e nel battito del cuore. Accadde allora che inspirò profondamente e un mare di profumi bagnò ogni suo pensiero. Fu allora che il suo piccolo mondo si colorò.

Fu come un lampo, fu quasi per magia. I profumi divennero scie di colore. Colarono nel mare bianco della sua cecità. Divennero frange di luce capaci di erodere il marmo bianco che la imprigionava relegandola in quello spazio privo di colore. Fu quasi per magia che il trucco del buio andò via. Quel giorno il colore invase i suoi occhi come un'onda. Vergini di luce i suoi occhi luccicarono per la prima volta e si bagnarono di un velo d'acqua.
Era una bambina bellissima. Il tempo le insegnò a muoversi tra i profumi, tra gli odori che coloravano lo spazio informe. Imparò a danzare su quelle scie. Danzò dapprima sull'odore della sua pelle, poi l'amore le insegnò a danzare sull'odore del suo uomo. Lo conobbe un giorno d'inverno, quando la neve imbiancò i colori. Riconobbe nel suo profumo la forza dell'odore del legno vestito di cera. Conobbe la sua malinconia nei giorni di pioggia e le sue labbra una mattina di primavera, in riva al mare, carezzata dai profumi lontani che portano le onde. Conservò il sapore e il profumo di quelle labbra fra le pieghe della memoria, diluendolo nei pensieri, nelle sue fantasiose visioni.

Era la bambina più bella del villaggio, diventò la donna più bella.

Divenne madre una notte di Febbraio. Quella notte il suo corpo tremò, il suo corpo nudo prese forma scolpito nel profumo di salsedine. Perse la sua innocenza e le sue palpebre si chiusero dolcemente per trattenere avidamente le visioni che quei nuovi profumi disegnavano sugli occhi. Quella notte si vestì d'incanto. La cecità restò solo una parola e nel bianco latte annegarono i silenzi, i sospiri, le paure.

Quella notte, danzando a occhi chiusi, due corpi si disegnarono con le dita e un nuovo respiro ebbe luogo.

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