Argilla


Era immersa nel colore, fra i colori delle sue tele. Era circondata da mille volti, mille corpi. Lei se ne stava lì in quel sottoscala piccolo e buio con le dita ancora sporche di argilla. La penombra dava una luce diversa alle sue opere. Rendeva perfetto l'uomo nelle sue forme, nella sua immagine. Il resto, tutto il resto restava invece così etereo da sembrar appartenere a un altro mondo.
Sotto il tocco leggero delle sue mani che sgrassavano l'eccedenza, enormi corpi di pietra prendevano forma nel buio. Quella sera fra le sue mani prese forma il volto di un uomo. Quel volto era nel suo pensiero da lungo tempo ma solo quella notte tra le 2 e le 3 si materializzò fra le sue mani. Furono le sue carezze a levar via gli umori dell'argilla. Pian piano carezzò gli occhi, poi le sue dita scivolarono dagli zigomi lungo le guance. Si fermarono qualche istante sulle labbra. L'indice esitò, poi dolcemente tracciò un leggero solco e il volto sembrò prender respiro. Continuò a carezzare quel viso e levigare ogni ruga per tutta la notte. All'alba un raggio di sole timido e fioco fece luce. L'onda attraversò i vetri e si riflesse nei bicchieri colmi di acqua ragia da cui i pennelli sembravano prender nutrimento e nuova vita. I grumi di colore si sciolsero. Il vetro trattenne quel miscuglio di colori e dissetò le sue trasparenze.
La luce dell'alba sembrò destare ognuna delle sculture sparse qua e là nel sottoscala, lasciò solo lei e quel volto al buio. Le sue mani continuarono a muoversi dando forma allo spazio che si condensava nel respiro dell'argilla. Lì dove era vuoto creavano il pieno, lì dove il pieno giaceva il vuoto si faceva spazio, ingoiava materia. Il volto dell'uomo iniziò pian piano a uscire dalla materia sua grembo. Fu un parto indolore, nessun vagito, nessun umore. Alle prime luci dell'alba l'argilla aveva perso la sua verginità.
Il volto dell'uomo sembrò ribellarsi alla sua condizione di immateria, di morte. L'argilla sua prigione e suo grembo finalmente lo liberò. Nacque pesante e forte nella sua incompletezza e nella sua perfezione.
Quel giorno lei si sentì come una levatrice. Tirò via dall'argilla quel ricordo indelebile annidato fra le rughe dei suoi pensieri. La memoria si fece materia e il ricordo acquistò volume.
Una lacrima le rigò il viso e lei tornò con la stessa tenerezza di quando era bambina ad accarezzare il viso di suo nonno.

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