Ricordi
Settembre 1975
Non ricordo quando ho visto per la prima volta la mia città, ero piccolo, troppo piccolo.
Alcuni ricordi sembrano dissolversi lasciando di sé solo il vuoto fino a quando un odore non li riporta di nuovo in vita con un parto indolore e silenzioso. È strano, ci sono paesi, luci, voci che faccio fatica a ricordare, sembra si dissolvano nella memoria. Ci sono invece città, quartieri, luci e voci che ricordo alla perfezione. Ci sono profumi, odori che magicamente sembrano prender vita nei miei sensi, tali odori, tali profumi a volte e solo a volte incatenano la vita a un ricordo. Tali profumi sono capaci di fermare il tempo e tu, tu sei fra quei profumi. Riconoscerei il tuo profumo fra mille ripetevi e io non ci credevo, riconoscerei le tue mani nel fango e io sorridevo...poi sei andata via, ho cercato a lungo il calco delle tue mani, delle tue labbra fra i miei pensieri. Non avevo mai pensato a farne uno, eri sempre lì con me, in continuo divenire. Le mie dita inseguivano il tempo sulla tua pelle, e tu? Chissà se tu prima di fuggir via hai conservato il mio viso fra i tuoi pensieri o hai lasciato che invecchiasse con il tempo, elencando la sua magia come il sole che tramonta. Quando ci siamo lasciati sono fuggito lontano. In alcuni istanti ho pensato di non far mai più ritorno.
Alcuni ricordi sembrano dissolversi lasciando di sé solo il vuoto fino a quando un odore non li riporta di nuovo in vita con un parto indolore e silenzioso. È strano, ci sono paesi, luci, voci che faccio fatica a ricordare, sembra si dissolvano nella memoria. Ci sono invece città, quartieri, luci e voci che ricordo alla perfezione. Ci sono profumi, odori che magicamente sembrano prender vita nei miei sensi, tali odori, tali profumi a volte e solo a volte incatenano la vita a un ricordo. Tali profumi sono capaci di fermare il tempo e tu, tu sei fra quei profumi. Riconoscerei il tuo profumo fra mille ripetevi e io non ci credevo, riconoscerei le tue mani nel fango e io sorridevo...poi sei andata via, ho cercato a lungo il calco delle tue mani, delle tue labbra fra i miei pensieri. Non avevo mai pensato a farne uno, eri sempre lì con me, in continuo divenire. Le mie dita inseguivano il tempo sulla tua pelle, e tu? Chissà se tu prima di fuggir via hai conservato il mio viso fra i tuoi pensieri o hai lasciato che invecchiasse con il tempo, elencando la sua magia come il sole che tramonta. Quando ci siamo lasciati sono fuggito lontano. In alcuni istanti ho pensato di non far mai più ritorno.
Luglio 1977
Mia madre non troppo tempo fa venne a trovarmi. I primi mesi che ero qui non le era permesso di venire a salutarmi. Mi trovò senza mente, silenzioso, immobile, sospeso come il tempo rinchiuso fra queste pareti. Il tempo qui nonostante l’assenza pesa.
Giada invece non è mai venuta a trovarmi. Mia madre dice che è lontano, in paesi lontani, in mondi lontani, chiede spesso di me e promette di tornare presto. Lorenzo invece ha paura, ha paura di vedermi qui. Sua moglie ora aspetta un bambino. Mia madre dice diventerà nonna e io zio, i suoi occhi si illuminano e spera riescano a farlo anche i miei. Invece resto fermo, immobile. Avvolto in una strana e bianca camicia mi divincolo e scalcio come per uscire dal grembo di questa follia che mi tiene prigioniero. Oh madre se solo potessi capire! Se solo potessi far tornare indietro il tempo, se solo potessi di nuovo far allontanare ogni dolore con una carezza, soffiando dolcemente sulla mia fronte. Madre le parole si sono strozzate in gola, madre i pensieri hanno imbavagliato la mia mente e mi hanno relegato in questo silenzio. Va via madre, vattene via da qui! Gaetano mi sente urlare e accorre nella stanza. Cerca di abbracciarmi! Lascia nelle mani di mia madre un fazzoletto bianco. Lei è immobile, gelata nelle sue lacrime. Sulla soglia aspetta silenziosa, spera il suo piccolo tesoro torni ad abbracciarla come un tempo. Gaetano la rassicura, dice che presto il tempo mi farà guarire, presto tornerò ad esser il suo bambino. Ora che torna il buio e la mia follia si è rarefatta, placo le mie grida, la rabbia e il dolore.
Giada invece non è mai venuta a trovarmi. Mia madre dice che è lontano, in paesi lontani, in mondi lontani, chiede spesso di me e promette di tornare presto. Lorenzo invece ha paura, ha paura di vedermi qui. Sua moglie ora aspetta un bambino. Mia madre dice diventerà nonna e io zio, i suoi occhi si illuminano e spera riescano a farlo anche i miei. Invece resto fermo, immobile. Avvolto in una strana e bianca camicia mi divincolo e scalcio come per uscire dal grembo di questa follia che mi tiene prigioniero. Oh madre se solo potessi capire! Se solo potessi far tornare indietro il tempo, se solo potessi di nuovo far allontanare ogni dolore con una carezza, soffiando dolcemente sulla mia fronte. Madre le parole si sono strozzate in gola, madre i pensieri hanno imbavagliato la mia mente e mi hanno relegato in questo silenzio. Va via madre, vattene via da qui! Gaetano mi sente urlare e accorre nella stanza. Cerca di abbracciarmi! Lascia nelle mani di mia madre un fazzoletto bianco. Lei è immobile, gelata nelle sue lacrime. Sulla soglia aspetta silenziosa, spera il suo piccolo tesoro torni ad abbracciarla come un tempo. Gaetano la rassicura, dice che presto il tempo mi farà guarire, presto tornerò ad esser il suo bambino. Ora che torna il buio e la mia follia si è rarefatta, placo le mie grida, la rabbia e il dolore.
Agosto 1977
L’isolamento è quanto di peggiore possa esistere. Lo spazio angusto e ristretto sembra mangiarti, inglobarti nel suo buio. Quello spazio è il peggior specchio in cui qualcuno possa riflettersi. In quel silenzio, in quella surreale e imposta solitudine le voci di dentro si risvegliano.
Quanti fantasmi ho visto, quante ombre mi hanno accerchiato. Quante voci mi hanno parlato...
Quanti fantasmi ho visto, quante ombre mi hanno accerchiato. Quante voci mi hanno parlato...
Buio.
Silenzio...poi un sospiro...e dolce la sua voce...
“Amore, svegliati, presto è tardi... Giada ti sta aspettando... sei proprio carino...hai visto? Stamattina hai gli occhi di un colore verde smeraldo... Ti Amo!”
Torna il silenzio.
Il buio sembra collassare su di me poi ancora una voce lontana...
“Cosa c’è? Perché non mi parli?... Sono tua madre, non mi riconosci? Non ti rassicurano le mie carezze? Via, via... andate via pensieri tristi... Figlio mio non lasciare che il dolore ti uccida l’anima.”
Continua il calpestio di voci, continua il buio a farsi più denso.
“Basta!... Non ti voglio più... non ti amo più, lasciami respirare! Ti prego lasciami respirare, non ho risposte! Non ho risposte alle tue domande, ti prego non assillarmi! Mi soffochi, il tuo amore mi fa sentire prigioniera...”
Buio. Denso.
“Fratellino, non piangere, asciugherò io le tue lacrime! Fratellino, ti prego torna a sorridermi, lascia che il dolore si allontani, prenda il largo come vela sospinta dal vento, torna a sorridermi fratellino e a tenermi per mano in questa lunga passeggiata che è la vita...”...
Ancora silenzio... il buio mi ha inghiottito.
Mi alzo e con le mani cerco disperatamente di afferrare l’aria sopra la mia testa... ho bisogno di respirare, mi sento soffocare!
Afferro l’aria, avido la porto alla mia bocca, le mie narici si dilatano fino allo spasmo. L’aria continua a mancarmi... il calpestio di voci continua a tessere ragnatele nella mia mente imprigionando i pensieri. Cerco di afferrare ancora l’aria intorno a me, ne prendo a manciate e il respiro continua a mancarmi, sono in affanno.
Afferro l’aria, avido la porto alla mia bocca, le mie narici si dilatano fino allo spasmo. L’aria continua a mancarmi... il calpestio di voci continua a tessere ragnatele nella mia mente imprigionando i pensieri. Cerco di afferrare ancora l’aria intorno a me, ne prendo a manciate e il respiro continua a mancarmi, sono in affanno.
Silenzio.
Luce. Finalmente!
Sono di nuovo nella mia stanza! Mi hanno riportato qui, devo esser svenuto...
Il mio respiro è tornato ad aver un peso.
Il mio respiro è tornato ad aver un peso.
Agosto 1978
Mio dolcissimo amore, ti parlo ora, ora che hanno spento le luci e il bianco non mi acceca gli occhi. Mio dolcissimo amore, sono stanco di aspettarti, di cercarti dove non sei, dove oso inventarti, dove oso amarti ancora senza forma, senza tempo e spazio. Mio dolcissimo amore, canto ancora il tuo nome e nei miei abissi affogo le mie lacrime. Ti prego portami via da qui, lasciami guarire, lasciami guarire. Dolce notte mio folle amore, domattina forse sarai meno in me e io sarò forse, più vero.
Ottobre 1978
Chiudo gli occhi. Volti prendono forma. Voci hanno respiro. Mi vieni incontro, fantasma in abiti bianchi che il vento deforma e attraversa. Mi chiami amore e la tua voce diviene onda che sveglia i miei pensieri tramortiti e stanchi. Mi chiami amore e vorrei che il silenzio che divide il tempo di un nuovo amore intercorra lento. Le tue mani dividono questo spazio senza tempo, le tue mani dividono mentre i tuoi occhi profondi e neri ci uniscono. Ti fermi un istante, poi vai via lasciandomi stanco e ubriaco del mio silenzioso pensare. Ho le mani tremanti, afferro l’aria che indugia ad attraversarmi, a farmi essenza e non sostanza. In questo vuoto cosparso di cera, in un assenza immanente, in una memoria fatta di sogni vedo la scia del mio pensiero andar via, lontano, lì dove l’aldilà prende forma...
Novembre 1979
Il tuo ricordo è come una nuvola bianca senza forma, etereo e diffuso che si dirama come radice fra i miei pensieri.
Mi chiedo dove sei e che forma abbiano i tuoi pensieri. Sono lontano perso o disperso nel tuo amore, nel tuo pensiero silenzioso e segreto che tesse trame fitte come ragnatele nel buio delle mie notti. Derubato dei ricordi forse avrei una nuova vita, derubato dei ricordi forse ora non sarei qui. Trattenuto da queste mura avvicino il viso al bianco che acceca, alla calce che sana queste crepe, cicatrici del tempo trascorso, segni del bianco che cerca il colore, squarci per sottrarre il tempo e lo spazio a questo luogo. Avvicino l’orecchio a queste mura cercando nuove voci.
Mi chiedo dove sei e che forma abbiano i tuoi pensieri. Sono lontano perso o disperso nel tuo amore, nel tuo pensiero silenzioso e segreto che tesse trame fitte come ragnatele nel buio delle mie notti. Derubato dei ricordi forse avrei una nuova vita, derubato dei ricordi forse ora non sarei qui. Trattenuto da queste mura avvicino il viso al bianco che acceca, alla calce che sana queste crepe, cicatrici del tempo trascorso, segni del bianco che cerca il colore, squarci per sottrarre il tempo e lo spazio a questo luogo. Avvicino l’orecchio a queste mura cercando nuove voci.
Ci sei? Riesci a sentirmi?...
Risponde il silenzio che tutto ingoia! Quanto vorrei sentire nuovi voci. Voci reali! Gaetano dice che presto quelle voci mi lasceranno andare, che le lacrime si asciugheranno. Oh potesse il tempo fermarsi e guarirmi di queste ferite, forse i ricordi non mi ucciderebbero e l’amore non mi renderebbe solo e forse anche io potrei viver di nuove speranze.

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